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[ lettere arlesiane ]
Marta -  E lei, signore, sempre in viaggio?
Mefistofele - Ah, sono gli affari, gli impegni a costringerci… Come fa male lasciare certi posti: eppure non possiamo rimanere.[1]
- Ho visto un bordello qui di domenica  - senza contare gli altri giorni – una grande sala dipinta a calce celestina – come una scuola di paese. Una buona cinquantina di militari rossi e di borghesi neri, coi visi di un magnifico giallo o arancione (i colori sui volti di qui), le donne in celeste, in vermiglio, quanto di più intero e di più chiassoso.
Il tutto rischiarato dal giallo.
Molto meno lugubre dei locali dello stesso tipo a Parigi.
Lo spleen non è aria di qui.[2]

 - Ma come vorrei vedere lo studio che hai fatto al bordello!… Dipingere e scopare molto non sono compatibili, il cervello indebolisce. Ecco una cosa proprio seccante.[3]

- Perché dici che de Gas non ce l’ha duro?
De Gas vive come un notaiucolo e non ama le donne, consapevole che se le amasse e le scopasse molto, malato cerebralmente, diventerebbe inetto in pittura. La pittura di Degas è virile e impersonale proprio perché ha accettato di essere, come persona, un notaiucolo a cui non piace fare stravizi. Guarda animali umani più forti di lui che l’hanno duro e scopano, e li dipinge bene, proprio perché non ha più che tanto la pretesa di avercelo eretto.
Rubens! Ah! ecco! Era un bell’uomo e un bravo scopatore, come Courbet…
Se noi vogliamo avercelo bello duro per la nostra opera, dobbiamo rassegnarci qualche volta a scopare poco, e per il resto essere, a seconda del nostro temperamento, soldati o monaci.[4]

- E se ciò che ti tenterebbe di più, dipingere dei bordelli – cosa certo ottima – qui sarebbe impossibile farlo a sbafo!
Quindi per questo aspetta di avere la tua uniforme i soldati possono fare là dentro – qui come altrove – un mucchio di cose a sbafo…
Io, ti ripeto, non sono ancora riuscito a fare un bordello vero e proprio, appunto perché mi costerebbe più soldi di quanti non ne ho di necessità per farlo un po’ bene e seriamente…
Ora non dico che non ci andremo a bere una birra dentro; vi faremo delle conoscenze, lavoreremo in parte di immaginazione, in parte con un modello.[5]

- Grazie anche per la raccolta di schizzi intitolata: Au Bordel. Bravo! La donna che si sta lavando e quella che dice: Non c’è nessuna brava come me per lavorarsi un uomo, a mio parere sono le migliori [6].... Al bordello! sì, è quello che bisogna fare, e ti assicuro che io per conto mio ti invidio quasi la bella fortuna che hai di poterci entrare in uniforme; quelle brave donnine ne vanno matte.[7]

- Ora una cosa ti interesserà – abbiamo  fatto alcune escursioni nei bordelli ed è probabile che finiremo per andarci spesso a lavorare [8]

… Insomma forse fra non molto mi metterò a fare dei bordelli. [9]

[1] - J. W. Goethe, Faust, trad. Franco Fortini, Arnaldo Mondadori Editore, IV ed. Gennaio 1987, p. 269. “Eppure non penso di restare”, dice anche  Hölderlin nella sua Migrazione, cit..
[2] - Vincent a Emile Bernard, Arles 19 aprile 1888 (n. 599-B4).
[3] - Vincent a Bernard, Arles 19 giugno 1888 (n. 628-B7).
[4] - Vincent a Bernard, Arles 5 agosto 1888 (n. 655-B14). Vincent scrive sempre il nome di Degas come “de Gas”.
[5] - Vincent a Bernard, Arles 25 settembre 1888 (n. 684-B16).
[6] - Vedi i due lavori di Bernard citati da Vincent.
[7] - Vincent a Bernard, Arles 5 ottobre 1888 (n. 698-B19).
[8] - Si riferisce a Gauguin, il quale scriverà a Emil Schuffenecker: “Potete chiedere a Pissarro se non ho talento. Coll’igiene e col coito (questo ben regolato) e col lavoro indipendente, un uomo se la cava. Vi vedo, virtuoso Schuff, spalancare gli occhi a queste parole alquanto ardite!” (Arles, 13 novembre 1888); in Lettere di Gauguin alla  moglie e agli amici, ed. Longanesi & C., Milano, dic. 1948, p. 130.
[9] - Vincent a Bernard, Arles 2 novembre 1888 (n. 716-B.19a).






SCARPE [dall’estetica alla podistica]
parte prima H.D.S. MAROQUINERIES